Il primo Montale si stacca
nettamente dalla tradizione letteraria, scegliendo per i suoi versi d'esordio
uno stile scabro ed essenziale quale corrispettivo dell'aridità esistenziale e
del male di vivere. Il secondo Montale utilizza uno stile denso e simbolico: da
qui la difficoltà della lettura che suscitano molte sue liriche, gremite di
cose e situazioni poco leggibili, in prima battuta, dal lettore. L'ultimo
Montale è quello satirico: in un mondo inautentico, egli sceglie di utilizzare
un linguaggio impoetico, che possa evidenziare, paradossalmente, tutta
l'inautenticità della comunicazione originata e vissuta nella sfera dei
mass-media.
Ho sceso, dandoti il braccio,
almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto
ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il
nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi
crede
che la realtà sia quella che si
vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti
il braccio
non già perché con quattr'occhi
forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo
che di noi due
le sole vere pupille, sebbene
tanto offuscate,
erano le tue.
Da Satura
Commento:
Montale ha percorso insieme alla moglie un lungo e intenso viaggio: il viaggio della vita. Ora la donna è morta e il poeta avverte un gran vuoto intorno a sé; quel viaggio, guardato a ritroso, fu davvero troppo breve. Il poeta e la moglie hanno camminato accanto, sono saliti e scesi insieme per milioni di gradini. Apparentemente la più debole era lei, ma adesso che non c’è più, Montale si accorge che le cose stavano diversamente: infatti la realtà non è quella che si vede (v.7). Malgrado la miopia, tra i due sposi era proprio “Mosca” a vederci meglio e a condurre il marito nel viaggio della vita.
Montale ha percorso insieme alla moglie un lungo e intenso viaggio: il viaggio della vita. Ora la donna è morta e il poeta avverte un gran vuoto intorno a sé; quel viaggio, guardato a ritroso, fu davvero troppo breve. Il poeta e la moglie hanno camminato accanto, sono saliti e scesi insieme per milioni di gradini. Apparentemente la più debole era lei, ma adesso che non c’è più, Montale si accorge che le cose stavano diversamente: infatti la realtà non è quella che si vede (v.7). Malgrado la miopia, tra i due sposi era proprio “Mosca” a vederci meglio e a condurre il marito nel viaggio della vita.
L’azione di scendere le scale è
un’operazione comune, ma che richiede vista buona, altrimenti si rischia di
cadere nel vuoto, che diventa metafora di un’esistenza priva di punti di
riferimento. Adesso che la sua “Mosca” non c’è più, il poeta vive l’esperienza
amara di un vuoto radicale. Per riempirlo non basta avere una vista acuta;
bisogna saper riconoscere la realtà che si cela dietro le apparenze.
Ecco perché la moglie manca tanto
al poeta: fra i due era proprio lei la sola in grado di vedere. In un mondo
dove le cose vanno a rovescio, appunto la Mosca, umile insetto della casa e
miope com’era, sapeva muoversi a suo agio nel viaggio della vita.
Attraverso la metafora del
viaggio, Montale ribadisce la propria concezione dell'esistenza: la realtà non
è quella che si vede con gli occhi e si percepisce con i sensi, fatta di
impegni e casualità (coincidenze e prenotazioni), insidie e delusioni (trappole
e scorni), ma è qualcosa che va al di là delle apparenze e resta misterioso per
l'uomo.