Anticlassicismo: La Parodia

La rivolta ai modelli classici dà origine a un vero e proprio genere letterario, quello della poesia bernesca e giocosa, che conosce notevole fortuna nella letteratura italiana ed ha come maggiori rappresentanti: Teofilo Folengo, Ruzante, Burchiello e Francesco Berni. Rifiutando esplicitamente il canone del classicismo, questi scrittori rovesciano i modelli poetici seri e, prospettando una vita indifferente agli ideali, sullo sfondo di immagini deformate e strampalate della realtà, si ricollegano a meno note tradizioni folcloriche o di origine medievale. Dal punto di vista stilistico essi si concentrano su una sperimentazione linguistica che fa ricorso ai dialetti e a linguaggi marginali ed eterogenei: giochi di parole, doppi sensi comici, amplificazioni scherzose e parodie documentano la lacerazione dell'egemonia del classicismo.

Manifesto di questo movimento è il sonetto di Francesco Berni Chiome d’argento fino irte ed attorte parodia del famoso  Crin d’oro crespo di Pietro Bembo, esponente del Classicismo e iniziatore del Petrarchismo.

Chiome d’argento fino, irte e attorte
senz’arte intorno ad un bel viso d’oro;
fronte crespa, u’ mirando io mi scoloro,
dove spunta i suoi strali Amor e Morte;

occhi di perle vaghi, luci torte
da ogni obietto diseguale a loro;
ciglie di neve e quelle, ond’io m’accoro,
dita e man dolcemente grosse e corte;

labra di latte, bocca ampia celeste;
denti d’ebeno rari e pellegrini;
inaudita ineffabile armonia;

costumi alteri e gravi: a voi, divini
servi d’Amor, palese fo che queste
son le bellezze della donna mia

La lirica è la evidente parodia del sonetto di Pietro Bembo Crin d'oro crespo, che era costituito da un lungo elenco di elementi della bellezza della donna per tesserne l'elogio : Berni costruisce il testo in modo analogo ma rovescia in modo paradossale gli elementi citati, per cui la sua donna ha i capelli d'argento e il viso d'oro, cioè è una vecchia coi capelli grigi e il viso giallastro, inoltre la fronte è rugosa ("crespa", con evidente ripresa del v. 1 del sonetto di Bembo) e su di essa sono inefficaci le frecce di Amore e Morte, poiché la donna non si innamora e non muore. Gli occhi sono lacrimosi e strabici, le ciglia sono bianche ("di neve", che pure riprende il verso di Bembo "ch'all'aura su la neve ondeggi e vole" riferito al biancore del volto), le mani non sono d'avorio ma grosse e sgraziate; la bocca è sdentata e i pochi denti sono neri ("d'ebeno", in opposizione ironica all'avorio spesso evocato nelle descrizioni femminili), mentre la voce della donna non si riesce né a capire né a riferire ed è definita ironicamente "armonia".